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Lanzada: I Ligari pittori del ‘700 e la chiesa di San Giovanni Battista

dal documento: “I LIGARI pittori del ‘700 lombardo – Milano e Sondrio, 11 aprile – 19 luglio 2008” (originale integrale)

“………. Gli affreschi del presbiterio
della chiesa di Lanzada costituiscono una svolta importante nella vicenda umana e artistica di Pietro Ligari.
Tra il 1720 e il 1727 si registrano infatti diversi spostamenti tra Milano e Sondrio, talvolta con moglie e figli.
I dipinti di Lanzada costituiscono la prima grande opera del suo «ritorno in patria», come ebbe a definirlo lui stesso, e l’inizio di una progressiva affermazione, oltre che della sua maturità artistica. Tale svolta coincide significativamente con l’apertura del Mastro N, il poderoso e puntuale registro di conto della famiglia Ligari, che, nella notazione sui lavori, oltre alle spese fornisce alcune sintetiche informazioni: gli affreschi furono commissionati dallo zio materno don Francesco Mottalini e riguardarono il coro della chiesa di S. Giovanni Battista.

La chiesa di Lanzada

Tra XVII e XVIII secolo Lanzada era un borgo di 500 abitanti, collocato su un’importante via di passaggio per i Grigioni (il passo del Muretto), ma in un contesto ambientale e sociale piuttosto aspro.
La parrocchiale di S. Giovanni Battista è un edificio imponente, iniziato nel 1659 per l’intraprendenza del parroco don Giovanni Giogia; il successore don Francesco Mottalini, curato di Lanzada per 54 anni (dal 1692 al 1746), ne completò l’edificazione, dotandola di un ricco corredo. La chiesa fu consacrata l’8 giugno 1706 da Mons. Francesco Bonesana.
Pertanto nel 1720 don Mottalini si fece promotore di una campagna di decorazione del presbiterio, che presentasse la vita e la missione del santo titolare, incaricando il nipote Pietro Ligari; la madre dell’artista, Maria Maddalena, era una Mottalini di Ardenno e sorella di don Francesco.

Il Mastro N non indica la data di inizio dei lavori, né i particolari esecutivi dell’opera; in quegli anni il pittore aveva un allievo, Camillo Albasino da Magenta, che quasi certamente collaborò all’impresa.
Gli aspetti generali che caratterizzano gli affreschi sono la sapienza compositiva, l’equilibrio cromatico e la ricercatezza iconografica, che sottende conoscenze teologiche e scritturistiche profonde.
Gli spazi da affrescare erano la superficie di fondo del presbiterio, in parte occupata dalla piramide architettonica dell’altare ligneo, e le due ampie pareti laterali; a queste si aggiungeva la volta a botte e la cornice attorno ad una finestra serliana sopra l’altare.

Per quanto riguarda i soggetti degli affreschi, si è già accennato alla realizzazione di due Storie del Battista sulle pareti laterali: La predicazione del Battista davanti ad Erode sulla parete destra e La consegna della testa del Battista a Salomé sulla sinistra. Nello sfondato architettonico della volta è dipinta La gloria del Battista, luminosa composizione in cui il santo è accolto in Paradiso dalla Vergine e dalla Santissima Trinità. Ai lati della finestra absidale sono raffigurati due profeti: Isaia e Geremia. Nel sottarco di ingresso al presbiterio sono affrescati a finto stucco i Quattro Evangelisti, che si alternano alle Virtù cardinali, realizzate a grisaille. Sulla parete di fondo si trovano tre grandi figure allegoriche, spesso indicate come le Virtù Teologali; un’analisi appena attenta consentirà però di dissentire da questa identificazione, aprendo invece problemi interpretativi più complessi.

Sulla parete destra del presbiterio si trova il primo dei due grandi affreschi narrativi: La predicazione del Battista davanti ad Erode. L’ambientazione architettonica è molto scenografica: l’interno di un elegante palazzo, ripreso da un’angolatura trasversale.
Il secondo episodio, sulla parete sinistra, rappresenta l’apice drammatico della vicenda del Precursore: la Consegna della testa del Battista a Salomé. Si tratta di una scena nota e corrispondente al racconto evangelico.
La parete di fondo del presbiterio, dietro l’ancona lignea, è occupata dalla presenza di tre Figure allegoriche, personaggi femminili disposti secondo un triangolo equilatero perfetto. Le due figure laterali si trovano su finti piedestalli e la terza sopra una nuvola che sfonda, letteralmente, i limiti imposti dal cornicione architettonico
Le tre grandi allegorie quindi potrebbero presentare tre aspetti diversi dell’unica esperienza di fede: la croce, l’amore, la vittoria.
La figura di S. Giovanni Battista ben si prestava ad indicare questo percorso. Ma anche l’esperienza dei credenti di Lanzada, soprattutto in quei tempi così tormentati, poteva esserne sostenuta……”

Valmalenco: tempo di “gabinat”!!

La Valmalenco si prepara a festeggiare la ricorrenza del Gabinat.
La parola dialettale “gabinat” deriva dal tedesco gabe-nacht (notte dei doni) e indica il giorno dell’epifania. Sin da tempi antichissimi e secondo una tradizione importata probabilmente dalla Baviera, vige l’usanza tra gli abitanti di molti centri della Valle di darsi il saluto pronunciando l’espressione “gabinat”. Il primo tra i due che riesce a pronunciare la parola, secondo l’usanza, avrebbe il diritto a ricevere un dono dall’altro.
Il “gabinat” parte dai vespri della vigilia e dura fino al tardo pomeriggio del 6 gennaio, il malcapitato che dovesse perdere avrà poi tempo fino al 17 gennaio, giorno di San Antonio in cui inizia il carnevale, per poterlo saldare.
Questa tradizione rimane viva ancor oggi tra i bambini i quali preparano e adottano ogni tipo di stratagemma per poter cogliere di sorpresa la persona da loro prescelta e poter pronunciare per primi il “gabinat”.

libro: Lavéc’. Pentole in pietra ollare di Valtellina e Valchiavenna

Video girato in occasione della presentazione del libro.

Una pentola: un semplice recipiente da cucina antico, pesante, resistente. Un oggetto: un’essenziale forma leggermente troncoconica utile e bella. Una storia: di quotidianità e di lavoro sapiente. Tale è il lavéc’, strumento per cucinare le cose semplici e buone nelle case di Valchiavenna e di Valtellina; sembrava scomparso, superato dalle nuove e più pratiche (e meno costose) pentole di metallo e invece ricompare in molte case e in tanti ristoranti per la delizia dei palati (irraggiungibile è il sapore delle carni cucinate nel lavéc’) o recuperato come oggetto riportabile ad un design moderno anzi contemporaneo.


Lavéc’ from abriga60 www.abriga.it on Vimeo.

fonte: descrizione completa su vimeoPentole in pietra ollare di Valtellina e Valchiavenna

Livigno: sculture di ghiaccio dal 17 al 20 Dicembre

Candide opere d’arte realizzate nella neve e alte fino a 3 metri. Mancano pochi giorni al via dell’Art in Ice, storico concorso internazionale che vedrà sfidarsi tra le montagne della Valtellina i più abili scultori provenienti da ogni parte del mondo.

Il concorso “Art in Ice”, al suo quattordicesimo anno di vita, vede impegnati 30 scultori con un materiale molto particolare: la neve. Da un blocco di 3 metri di larghezza per altrettanti di altezza e profondità, gli abili artisti devono realizzare un’opera che sia in grado di interpretare l’arte e, ovviamente, la neve.

Fonte: http://www.montagna.tv/?q=node/11463

Tornadri: CA’ DI TUDESCH ex Dogana

L’edificio è posto lungo l’antico percorso di collegamento alla Svizzera, attraverso Franscia e la Val Poschiavina. Durante la dominazione grigiona del secolo XVII, vi si trovava la dogana.

L’edificio è posto in frazione Tornadri, nell’area più a sud del nucleo antico. Sorge in vicinanza alla chiesa di S. Pietro, lungo l’antico percorso per Campo Franscia, un tempo frequentata via di collegamento alla Svizzera, attraverso la Val Poschiavina.  La particolarità delle soluzioni architettoniche corrisponde alla sua importanza storica.
Il fronte maggiormente rappresentativo è orientato a sud – ovest. Presenta un sottopassaggio voltato di attraversamento della via S. Pietro, che costituiva l’ultima tappa di riferimento nel territorio Italiano. Sullo stesso fronte si trova un affresco raffigurante S. Giovanni Nepomuceno, protettore dei ponti e dei passaggi, con a fianco la scritta: Tornadri frazione di Lanzada mandamento di Sondrio via per Poschiavo. Durante la dominazione grigiona del secolo XVII, l’edificio fu sede della dogana.
Mediante un portale ad un battente si accede ad una scala di collegamento alle stanze del piano primo, dove un tempo si trovavano le carceri ed i locali delle guardie. Questi presentano piccole finestre contornate da fasce di intonaco tinto in bianco, munite di robuste inferriate.
Il fronte rivolto a sud – est è caratterizzato da un notevole balcone in legno posto al piano primo. Mediante una scala esterna in pietra si accede al piano rialzato che risulta ristrutturato ad uso di abitazione temporanea. All’esterno, le murature relative, sono state intonacate con malta cementizia ed alle finestre sono state apposte persiane verniciate in tinta calda. L’intervento ha alterato l’aspetto architettonico originario del fabbricato realizzato con murature di pietrame e malta, in parte intonacate con malta di calce.

La complessità distributiva e funzionale del fabbricato è evidente al piano seminterrato costituito da vani ad accesso autonomo, di cui si conservano i piccoli portali.

fonte: http://www.cmsondrio.it/beniculturalilanzada/palazzi/dogana.htm